martedì 5 giugno 2007

Sandaliotin…Sandalion… Ichnussa… Sardegna insomma

per conto di Benag



Il mare, l’interno, la costa, le usanze, i profumi ed i colori, l’ospitalità, le Genti; tutto questo, e non solo, affascinano e rendono unica la mia Isola. Ma c’è qualcosa che la rende ancor più particolare : la sua lingua. “Limba”, per noi sardi.
Con questo e successivi post vorrei porgere, a Voi lettori di questo raffinato blog, alcuni elementi di “Limba sarda”. Senza supponenza e senza la presunzione di “insegnare”. Solo con l’intendimento di dividere con Voi quelle emozioni che questa Terra sa dare, a chi la sa scoprire ed amare. E chissà…salutarci anche in sardo, quando c’incontriamo. Fazio degli Uberti (Dittamondo, III Libro), quando tratta della Sardegna, scrive :

“Io viddi che mi parve meraviglia
una gente ch’alcuno non intende
Né essi sanno quel ch’altri bisbiglia”


Vorrei introdurvi subito in questo mondo, con alcuni passi (incipit e fine) di una Poesia di Franceschino Satta (Nuoro,1919-2001). “Frantzischinu” Satta è uno dei massimi Poeti in limba. A Lui si rivolse Max Leopold Wagner, tedesco, il più autorevole maestro della linguistica sarda, per affinare i suoi studi sulla limba.
Massimo Pittau, eminente studioso ed Autore di un vocabolario sardo-italiano, di Franceschino Satta ha scritto : “… notevolissima la padronanza della grammatica e del lessico sardo…”. Far riferimento al Satta, considerato il vero erede de “Su Montanaru” (al secolo Antioco Casula), è impadronirsi della limba e dei suoi suoni.

A Zubanne Battista

Ninna – nanna

"Pro tene, fizu, jaju hat imbentau
Una cantone alligra, pilibrunda,
durche, bella che sole, caritunda
chei sa luna chi nascit in su chelu.
Est una cantonedda latte e mele,
de pilios tinta, tottu linus d’oro...

Dormi, columbu , dormi, sonnios d’oro !

Arcos de chelu, riso de cossolu
T’accumpanzen serenos in su bolu
De s’issonnossente banzicu ‘e su coro”.

Franceschino Satta

Su quest'autore tornerò nei prossimi post.
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Altre Poesie in limba, sempre per scoprirne la musicalità. La prima è del citato “Su Montanaru” (Antioco Casula, da Desulo) , tratta da “Sos cantigos de Ennargentu” (Cagliari, 1922).

“Fiera e ruzza in mesu a sos castanzos
seculares, ses posta o bidda mia;
attaccada a sos usos de una ia,
generosa, ospitale a sos istranzos”.

Quest’altra è del nuorese Salvatore Cabras, tratta da “Su Gologone, cantos de Barbagia” (Biella, 1933).

“Bennidu a crescher sa malinconia
Su risignolu si es pesadu in cantu”

Per finire, Vi segnalo questo “mutettu”, d’anonimo. Per precisare, i “Mutos” e i “Mutettus” sono canti estemporanei, il più delle volte, e sono proposti in gare poetiche nella forma a “cuncordu”. I “mutos e i mutettus, sono inconfondibili per la netta separazione tra la prima strofa, costituita sempre da un tema libero, e la seconda, che viceversa evidenzia l’intenzione o il sentimento.

“Bella vigu mmurisca
A ispinas de oru.
Tottu s’arruga è ttrista
Candu non passa coru”

Con il prossimo post, l’origine, gli articoli, i pronomi, i verbi essere e avere, qualche frase particolare, comprese quelle già note.
Un saluto e…grassias.

Benag

2 commenti:

Centro Studi Marco Josto Agus ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Centro Studi Marco Josto Agus ha detto...

A Karalis ciò che è di Karalis.

La foto scattata a Cagliari-Castello, ai piedi della Torre dell'Elefante, ferma un tramonto sullo Stagno di Santa Gilla.