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mercoledì 16 gennaio 2008
martedì 15 gennaio 2008
Emergenza sicurezza? C'è il modello Nathan Never
Dal Secolo d'Italia di martedì 15 gennaio 2008
Qualche settimana fa, lo sciopero degli autotrasportatori. Blocchi stradali: scorte alimentari che spariscono dagli scaffali, prezzi impazziti, benzina esaurita. A “secco” anche le gazzelle. Semaforo verde per la criminalità. Napoli 2008. Popolazione esasperata per l’emergenza rifiuti. Sacchi dell’immondizia ovunque. Roghi, scontri, scuole chiuse. Fuori dal confine campano, si “armano” le barricate: la spazzatura non passerà. Notiziari sempre più simili a bollettini di guerra. Tanto da costringere un governo tutt’altro che decisionista a mandare l’esercito e a richiamare in servizio il superpoliziotto Gianni De Gennaro.
Sembra di leggere una sceneggiatura di Nathan Never, l’appassionante e (non a caso) longeva serie bonelliana di fantascienza – presente ininterrottamente in edicola dal giugno ’91 – che il prossimo 17 gennaio festeggerà il numero 200 con un albo (L’ultimo anello, 96 pp. euro 2,70) rigorosamente a colori, come vuole – nei “compleanni centenari” – la tradizione della casa editrice milanese. E a colori è anche Tex 200 (nuova ristampa), in edicola da oggi. L’Aquila della Notte compie sessant’anni di vita (editoriale) ed è ancora e più che mai per il western ciò che Dylan Dog – l’indagatore dell’incubo, altro campione d’incassi – è per l’orrore e Nathan Never è per la fantascienza: insostituibili punti di riferimento per le centinaia di migliaia di lettori che “resistono” al bombardamento della tecnologia. Ancora per poco, verrebbe da dire sfogliando gli albi di Nathan Never, perché nel suo tempo – il XXII secolo – i fumetti, come del resto i libri e i dischi, rappresentano vecchi cimeli da collezionisti, soppiantati da supporti elettronici d’ogni specie. Parliamo di fantascienza, naturalmente, ma niente a che vedere con i rassicuranti “giornalini” degli anni Trenta e Quaranta (alla Flash Gordon, per intenderci). Non mancano ricorrenti quanto esplicite citazioni tratte dal cinema d’avventura e dalla letteratura fantastica, ma l’ambientazione e le trame che si sviluppano in una continuity coerente – pur nel suo zigzagare tra fantascienza pura, thriller futuristici, saghe epico-spaziali e atmosfere cyberpunk – sono sapientemente arricchite da una forte dose di realismo, capace di rappresentare le laceranti contraddizioni di una civiltà evoluta al punto da aver sconfitto l’invecchiamento con clonazione e rigenerazione dei tessuti umani ma alle prese con allarmanti emergenze sociali che non ci sono estranee: la minaccia del terrorismo, una delinquenza sempre più organizzata e minacciosa di contro a forze dell’ordine mal retribuite e con scarsi mezzi a disposizione. Per affrontare tali emergenze, il governo globale ha deciso di affidare la lotta al crimine e le indagini più complesse ad Agenzie Private di Sicurezza e Sorveglianza, istituzionalizzate (con il Callaghan Act del 2084) e finanziate con fondi pubblici. Tra queste, l’Agenzia Alfa è la più importante e Nathan Never ne è il suo agente migliore. Come a dire: quando il gioco si fa duro… i duri iniziano a giocare. E c’è bisogno della razza degli eroi di ogni tempo e luogo. Scriveva Berto Ricci nel ’31: «Viene dopo le finte battaglie il giorno che c’è da fare sul serio e si ristabilisce di colpo la gerarchia naturale. Essi ebbero la fortuna di conoscere lunghi silenzi, sacrifici ostinati e senza lacrime, solitudini di pietra. Viene il momento che la storia, il destino, o chiamiamolo come vogliamo, ha bisogno di loro: e li trova». E’ Edward Raiser, capo dell’Agenzia Alfa, a trovare Nathan presso il tempio di monaci dove – dopo l’assassinio della moglie da parte di un pericoloso criminale psicopatico – si è ritirato per coltivare l’arte marziale Jeet Kune Doo. La figlia Ann, diventata autistica per lo choc, ha bisogno di cure costose. E lui, in passato fante dello spazio e poliziotto metropolitano, accetta di entrare nell’Agenzia per sostenere tali spese, non per venalità. Combatte piuttosto per rispondere a un personale quanto irrinunciabile senso dell’onore, senza concedere nulla al fanatismo, consapevole di quanto sia labile il confine tra bene e male. «Non esistono buoni e cattivi ma azioni buone e cattive» è la sua filosofia. La perdita della moglie l’ha segnato profondamente, oltre che per i capelli improvvisamente diventati bianchi, anche nel carattere, rendendolo più cupo e solitario. Quando è in missione indossa abiti in fibra, diversamente non rinuncia a giacca e cravatta e soprattutto a un impermeabile che ricorda quelli degli investigatori degli anni Cinquanta, alla Philip Marlowe. Il mondo in cui si muove non è (più) quello che conosciamo. Di fronte a una crisi energetica senza precedenti, l’ultima speranza per restituire vigore al magma terrestre – lanciare una testata missilistica al centro della terra – si è dimostrata un fallimento disastroso: nubi radioattive e desertificazioni hanno reso inaccessibili vaste aree del pianeta, costringendo gli uomini a cercare il proprio “spazio vitale” nell’universo. Le nazioni, compresi gli Stati Uniti, sono scomparse, e le popolazioni sono state assorbite dalla Città Est e dalla Città Ovest, al di fuori delle quali il paesaggio offre solo lande arse dal sole e dalla radioattività che fanno pensare all’Australia di Mad Max. Nathan vive nella Città Est, una sterminata megalopoli di 200 milioni di abitanti – ispirata alla Los Angeles di Blade Runner ma anche alla Gotham City de Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller – che si sviluppa in verticale su otto livelli di urbanizzazione sfrenata, enormi edifici e rampe autostradali. I piani alti sono riservati a quella che oggi definiremmo l’alta borghesia, mentre più si scende verso i piedi della città e maggiori sono il caos e l’insicurezza. Fantascienza, d’accordo. Ma se sostituiamo i livelli verticali con gli anelli concentrici che si sviluppano attorno al centro delle nostre città di oggi… la situazione degradata delle periferie, dalle baraccopoli veltroniane alle banlieue parigine, non è poi molto diversa.
«Sì, perché come la Città si estende su livelli verticali, Nathan Never offre diversi “livelli” di lettura a seconda di quello che cerca il lettore. Sono convinto che la fantascienza possa raccontare meglio l’attualità e i problemi sociali rispetto alla narrativa “politica” proprio perché è libera da quei filtri ideologici a volte rabbiosi e supponenti che possono infastidire il lettore. Può essere interpretata come metafora della realtà, ma senza imbrigliare l’avventura a fini pedagogici».
A parlarci di Nathan è il curatore della serie, Antonio Serra, classe ’63, sardo “trapiantato” a Milano e pezzo da novanta della “scuderia” Bonelli (Serra è stato anche il creatore della prima miniserie bonelliana di successo, Gregory Hunter). Famiglia allargata, quella di Nathan. Perché conta ben tre autori e quindi papà: Serra, Michele Messa e Bepi Vigna (che firma il numero 200), la cosiddetta “banda dei sardi”. Cinque, se aggiungiamo il papà grafico, il disegnatore romano Claudio Castellini e Roberto De Angelis, dal numero 60 anche copertinista, che ha dato progressivamente a Nathan un taglio più dark. Probabilmente per questo, il personaggio può sembrare «schizofrenico». Stabilite le caratteristiche generali del personaggio, infatti, ogni autore ha sviluppato autonomamente storie con ambientazioni e tematiche differenti e, probabilmente, proprio nell’offerta di spunti narrativi sempre originali, “spaziando” da viaggi nel tempo e esplorazioni interplanetarie a temi di maggiore attualità (nello Speciale in edicola Nathan indaga su una megatruffa delle multinazionali del farmaco), sta la capacità di continuare a sorprendere e appassionare il lettore.
Così da resistere brillantemente in edicola e vantare un cospicuo circuito di serie “satellite” (fuori mensilità) a lui dedicate da Bonelli: Speciale, Almanacco della Fantascienza, Gigante, Maxi, Agenzia Alfa, Asteroide Argo e, dal novembre 2007, anche il semestrale Universo Alfa. «Questo mondo, proprio perchè risponde al mondo reale, è vastissimo – ci spiega Serra – e un solo eroe non basta. Da qui l’esigenza di dare vita a una “sezione eurasiatica” e a personaggi nuovi o precedentemente accantonati». Il riferimento è a Rebecca Weaver, modellata sulla figura dell’attrice statunitense Sigourney Weaver (da cui prende il cognome) nel ruolo del tenente Ellen Ripley in Alien (prima donna protagonista di un film di fantascienza). Soprannominata “Legs” per la bellezza delle sue gambe, Rebecca aveva esordito come spalla di Nathan già nel ’91 e nel ’95 gli autori e l’editore ne avevano realizzato una testata ad hoc, ma l’esperienza si chiuse nel 2005 con il pur lusinghiero risultato di 119 numeri all’attivo. Personaggio di rottura rispetto allo stereotipo classico di bellezza da fumetto, Legs – esperta di armi pesanti, tecniche di difesa ed esplosivi di ogni genere – è dura e violenta. Recentemente è stata “reintegrata” nelle storie di Nathan e sarà tra le protagoniste del nuovo contenitore bonelliano. Dichiaratamente omosessuale, il manifesto la salutò con entusiasmo: «Una cattivissima guerriera che farebbe a fettine qualsiasi playboy della Costa Adriatica». Ma nel n.100 baciò Nathan. Non si resiste al fascino dell’eroe e all’amore, qualunque esso sia. Se ne prenda atto una volta per tutte. Non a caso nel numero 9 (Gli occhi di uno sconosciuto, ’92), Nathan, durante un sopralluogo a casa della vittima di un omicidio, nota sugli scaffali della libreria una copia del Silmarillion di Tolkien, presente anche nella biblioteca paterna andata perduta. La prende e la apre alla pagina indicata dal segnalibro: la storia d’amore tra Beren e Lúthien. Chissà quanti hanno sognato leggendo questo libro immortale, pensa Nathan…
Sembra di leggere una sceneggiatura di Nathan Never, l’appassionante e (non a caso) longeva serie bonelliana di fantascienza – presente ininterrottamente in edicola dal giugno ’91 – che il prossimo 17 gennaio festeggerà il numero 200 con un albo (L’ultimo anello, 96 pp. euro 2,70) rigorosamente a colori, come vuole – nei “compleanni centenari” – la tradizione della casa editrice milanese. E a colori è anche Tex 200 (nuova ristampa), in edicola da oggi. L’Aquila della Notte compie sessant’anni di vita (editoriale) ed è ancora e più che mai per il western ciò che Dylan Dog – l’indagatore dell’incubo, altro campione d’incassi – è per l’orrore e Nathan Never è per la fantascienza: insostituibili punti di riferimento per le centinaia di migliaia di lettori che “resistono” al bombardamento della tecnologia. Ancora per poco, verrebbe da dire sfogliando gli albi di Nathan Never, perché nel suo tempo – il XXII secolo – i fumetti, come del resto i libri e i dischi, rappresentano vecchi cimeli da collezionisti, soppiantati da supporti elettronici d’ogni specie. Parliamo di fantascienza, naturalmente, ma niente a che vedere con i rassicuranti “giornalini” degli anni Trenta e Quaranta (alla Flash Gordon, per intenderci). Non mancano ricorrenti quanto esplicite citazioni tratte dal cinema d’avventura e dalla letteratura fantastica, ma l’ambientazione e le trame che si sviluppano in una continuity coerente – pur nel suo zigzagare tra fantascienza pura, thriller futuristici, saghe epico-spaziali e atmosfere cyberpunk – sono sapientemente arricchite da una forte dose di realismo, capace di rappresentare le laceranti contraddizioni di una civiltà evoluta al punto da aver sconfitto l’invecchiamento con clonazione e rigenerazione dei tessuti umani ma alle prese con allarmanti emergenze sociali che non ci sono estranee: la minaccia del terrorismo, una delinquenza sempre più organizzata e minacciosa di contro a forze dell’ordine mal retribuite e con scarsi mezzi a disposizione. Per affrontare tali emergenze, il governo globale ha deciso di affidare la lotta al crimine e le indagini più complesse ad Agenzie Private di Sicurezza e Sorveglianza, istituzionalizzate (con il Callaghan Act del 2084) e finanziate con fondi pubblici. Tra queste, l’Agenzia Alfa è la più importante e Nathan Never ne è il suo agente migliore. Come a dire: quando il gioco si fa duro… i duri iniziano a giocare. E c’è bisogno della razza degli eroi di ogni tempo e luogo. Scriveva Berto Ricci nel ’31: «Viene dopo le finte battaglie il giorno che c’è da fare sul serio e si ristabilisce di colpo la gerarchia naturale. Essi ebbero la fortuna di conoscere lunghi silenzi, sacrifici ostinati e senza lacrime, solitudini di pietra. Viene il momento che la storia, il destino, o chiamiamolo come vogliamo, ha bisogno di loro: e li trova». E’ Edward Raiser, capo dell’Agenzia Alfa, a trovare Nathan presso il tempio di monaci dove – dopo l’assassinio della moglie da parte di un pericoloso criminale psicopatico – si è ritirato per coltivare l’arte marziale Jeet Kune Doo. La figlia Ann, diventata autistica per lo choc, ha bisogno di cure costose. E lui, in passato fante dello spazio e poliziotto metropolitano, accetta di entrare nell’Agenzia per sostenere tali spese, non per venalità. Combatte piuttosto per rispondere a un personale quanto irrinunciabile senso dell’onore, senza concedere nulla al fanatismo, consapevole di quanto sia labile il confine tra bene e male. «Non esistono buoni e cattivi ma azioni buone e cattive» è la sua filosofia. La perdita della moglie l’ha segnato profondamente, oltre che per i capelli improvvisamente diventati bianchi, anche nel carattere, rendendolo più cupo e solitario. Quando è in missione indossa abiti in fibra, diversamente non rinuncia a giacca e cravatta e soprattutto a un impermeabile che ricorda quelli degli investigatori degli anni Cinquanta, alla Philip Marlowe. Il mondo in cui si muove non è (più) quello che conosciamo. Di fronte a una crisi energetica senza precedenti, l’ultima speranza per restituire vigore al magma terrestre – lanciare una testata missilistica al centro della terra – si è dimostrata un fallimento disastroso: nubi radioattive e desertificazioni hanno reso inaccessibili vaste aree del pianeta, costringendo gli uomini a cercare il proprio “spazio vitale” nell’universo. Le nazioni, compresi gli Stati Uniti, sono scomparse, e le popolazioni sono state assorbite dalla Città Est e dalla Città Ovest, al di fuori delle quali il paesaggio offre solo lande arse dal sole e dalla radioattività che fanno pensare all’Australia di Mad Max. Nathan vive nella Città Est, una sterminata megalopoli di 200 milioni di abitanti – ispirata alla Los Angeles di Blade Runner ma anche alla Gotham City de Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller – che si sviluppa in verticale su otto livelli di urbanizzazione sfrenata, enormi edifici e rampe autostradali. I piani alti sono riservati a quella che oggi definiremmo l’alta borghesia, mentre più si scende verso i piedi della città e maggiori sono il caos e l’insicurezza. Fantascienza, d’accordo. Ma se sostituiamo i livelli verticali con gli anelli concentrici che si sviluppano attorno al centro delle nostre città di oggi… la situazione degradata delle periferie, dalle baraccopoli veltroniane alle banlieue parigine, non è poi molto diversa.
«Sì, perché come la Città si estende su livelli verticali, Nathan Never offre diversi “livelli” di lettura a seconda di quello che cerca il lettore. Sono convinto che la fantascienza possa raccontare meglio l’attualità e i problemi sociali rispetto alla narrativa “politica” proprio perché è libera da quei filtri ideologici a volte rabbiosi e supponenti che possono infastidire il lettore. Può essere interpretata come metafora della realtà, ma senza imbrigliare l’avventura a fini pedagogici».
A parlarci di Nathan è il curatore della serie, Antonio Serra, classe ’63, sardo “trapiantato” a Milano e pezzo da novanta della “scuderia” Bonelli (Serra è stato anche il creatore della prima miniserie bonelliana di successo, Gregory Hunter). Famiglia allargata, quella di Nathan. Perché conta ben tre autori e quindi papà: Serra, Michele Messa e Bepi Vigna (che firma il numero 200), la cosiddetta “banda dei sardi”. Cinque, se aggiungiamo il papà grafico, il disegnatore romano Claudio Castellini e Roberto De Angelis, dal numero 60 anche copertinista, che ha dato progressivamente a Nathan un taglio più dark. Probabilmente per questo, il personaggio può sembrare «schizofrenico». Stabilite le caratteristiche generali del personaggio, infatti, ogni autore ha sviluppato autonomamente storie con ambientazioni e tematiche differenti e, probabilmente, proprio nell’offerta di spunti narrativi sempre originali, “spaziando” da viaggi nel tempo e esplorazioni interplanetarie a temi di maggiore attualità (nello Speciale in edicola Nathan indaga su una megatruffa delle multinazionali del farmaco), sta la capacità di continuare a sorprendere e appassionare il lettore.
Così da resistere brillantemente in edicola e vantare un cospicuo circuito di serie “satellite” (fuori mensilità) a lui dedicate da Bonelli: Speciale, Almanacco della Fantascienza, Gigante, Maxi, Agenzia Alfa, Asteroide Argo e, dal novembre 2007, anche il semestrale Universo Alfa. «Questo mondo, proprio perchè risponde al mondo reale, è vastissimo – ci spiega Serra – e un solo eroe non basta. Da qui l’esigenza di dare vita a una “sezione eurasiatica” e a personaggi nuovi o precedentemente accantonati». Il riferimento è a Rebecca Weaver, modellata sulla figura dell’attrice statunitense Sigourney Weaver (da cui prende il cognome) nel ruolo del tenente Ellen Ripley in Alien (prima donna protagonista di un film di fantascienza). Soprannominata “Legs” per la bellezza delle sue gambe, Rebecca aveva esordito come spalla di Nathan già nel ’91 e nel ’95 gli autori e l’editore ne avevano realizzato una testata ad hoc, ma l’esperienza si chiuse nel 2005 con il pur lusinghiero risultato di 119 numeri all’attivo. Personaggio di rottura rispetto allo stereotipo classico di bellezza da fumetto, Legs – esperta di armi pesanti, tecniche di difesa ed esplosivi di ogni genere – è dura e violenta. Recentemente è stata “reintegrata” nelle storie di Nathan e sarà tra le protagoniste del nuovo contenitore bonelliano. Dichiaratamente omosessuale, il manifesto la salutò con entusiasmo: «Una cattivissima guerriera che farebbe a fettine qualsiasi playboy della Costa Adriatica». Ma nel n.100 baciò Nathan. Non si resiste al fascino dell’eroe e all’amore, qualunque esso sia. Se ne prenda atto una volta per tutte. Non a caso nel numero 9 (Gli occhi di uno sconosciuto, ’92), Nathan, durante un sopralluogo a casa della vittima di un omicidio, nota sugli scaffali della libreria una copia del Silmarillion di Tolkien, presente anche nella biblioteca paterna andata perduta. La prende e la apre alla pagina indicata dal segnalibro: la storia d’amore tra Beren e Lúthien. Chissà quanti hanno sognato leggendo questo libro immortale, pensa Nathan…
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