Cari amici, ho appena finito di vedere l'ultimo capolavoro di David Lynch "INLAND EMPIRE", e devo dire che potrebbe essere pericoloso per chiunque, inserire il dvd nel lettore e premere il tasto Play. Se dovessi incontrare di persona il signor Lynch, la prima cosa che gli direi sarebbe: "ma come te permetti", e senza attendere risposta subito aggiungerei: "ma chi te credi de esse". A parte cio' andrò ad affittarlo di nuovo per darci un' altra occhiatina rischiando di finire i miei giorni in terapia da uno psichiatra.
Vi posto una recensione, dato che pubblico solo video e mai testi...
In dreams
I walk
with you
INLAND EMPIRE è un capolavoro immane, un film MAIUSCOLO con il quale si faranno i conti per decenni.
La contrastata accoglienza veneziana e i tatticismi di certa stampa (che non si sbilancia per poter tenere il piede in due scarpe: quello della boiata e quella del film faro - e domani aver ragione in ogni caso -) non fanno che confermare l’assoluta purezza dell’opus lynchiano: il disaccordo tra gli spettatori e il giudizio frettoloso della miope critica che sa solo ripetere il bolso ritornello (“Non si capisce” ) ci conferma che l’autore è perfettamente in accordo con se stesso; l’unanimità ci avrebbe preoccupati, il nuovo deve disorientare, non sarebbe tale altrimenti (Alain Resnais, in conferenza stampa, ricorda le risatine, lo sconcerto, l’esodo dalla sala quando fu proiettato al Lido L’anno scorso a Marienbad, Leone d’oro 1961). Una sceneggiatura scritta giorno per giorno per un’opera tutta in digitale (e l’uso che Lynch fa del digitale, come lo piega creativamente alla sua poetica, costituisce un’altra svolta epocale, un vero Inizio; per questo domani si scialerà in saggi): il Maestro della pellicola non vuole più sentir parlare.
INLAND EMPIRE sovrappone arte e vita (attenzione), verità e finzione, realtà e rappresentazione, veglia e sogno (compreso quello hollywoodiano). Ancora una volta diversi sono i livelli che il film esplora e ancora una volta questi si accoppiano con voluttà partorendo mostri. Piani temporali (Se oggi fosse domani ) e narrativi (il film di partenza e il suo remake, quello che la protagonista interpreterà e nel cui ruolo verrà imprigionata) che si incrociano, identità caleidoscopiche che si frantumano e si ricompongono in diversa guisa. Lynch crea il suo lavoro più estremo (fatica improba per certa critica che vuole la pappa pronta e ama spaparanzarsi nel comodo mezzo), rifiuta le scappatoie, per tre ore non molla la presa ed estenua l’occhio e la mente mescolando le carte di continuo, avvoltolando i sensi e non concedendo appiglio alcuno: ci fa piombare nel buio della sua mente e sventra l’interruttore. Ancora una volta il suo è un lavoro che paralizza la nostra mano sulla tastiera, non esaurendosi con una visione ma ponendosi all’istante come rivedibile, riconsiderabile, ripercorribile da un altro punto; il sogno non ha mai un tragitto unico e se le idee alla fine emergono, e la storia si rivela, conoscere la verità (o una semplice versione dei fatti) non serve comunque: quello che non sappiamo subito è davanti ai nostri occhi, ciò che non si capisce è già dentro di noi. Lynch non lancia messaggi, non vuole insegnare nulla, non indica vie di fuga, fa cinema e basta e lo fa pensando temerariamente a sé e non allo spettatore (esattamente come Greenaway): per questo ogni suo film, e INLAND EMPIRE più di tutti, potrebbe essere l’ultimo (dopo queste tre ore senza compromessi chi avrà il coraggio di produrne altri?). La chiarezza tanto agognata è dove conta, nel suo fare cinema, e splenderà, per chi vorrà bearsene, a visione estinta (esauriti i più bei titoli di coda che io ricordi). Ci baloccheremo a lungo con INLAND EMPIRE, lo guarderemo e riguarderemo, seguiremo tutte le piste di questo mistero spudorato, ricostruiremo alla perfezione tutti i meccanismi che lo governano nella consapevolezza che l’impressione scaturita dalle supreme immagini del più grande cineasta vivente (sì, lo è) rimarrà imperturbata dalla nostra sciocca (ma inevitabile) voglia di ricomporre il puzzle. Non avremo fretta di gustare una nuova opera lynchiana, la presente ci nutrirà per molto molto tempo - l’antidoto più efficace al mordi-e-fuggi contemporaneo -, sapremo godere a fondo di questo oggetto pauroso del quale impareremo (e tanti denigratori di oggi impareranno domani, perché succede sempre così) a non avere paura.
INLAND EMPIRE ci dice che la realtà ha un limite e che questo lo conosciamo in sogno.
INLAND EMPIRE ci dice che in realtà le cose possono stare in un altro modo.
INLAND EMPIRE dissemina segni che lasciano segni.
INLAND EMPIRE ci dice che va tutto bene: stiamo solo morendo.
(1 - continua)
Luca Pacilio
pubbl. 16-10-2006
Un EGO maiuscolo
Se Fantozzi incappasse in un dirigente cinefilo che gli infliggesse la visione di "Inland Empire", pardon, INLAND EMPIRE (il maiuscolo è d'obbligo, pare), si esprimerebbe nel più classico degli epiteti, trovando la "cagata pazzesca" del ventunesimo secolo. Se invece un comune mortale si trova davanti all'enigma di David Lynch, le considerazioni che gli passano per la testa, non volendo osare tanto, sono le più disparate. Intanto bisogna riconoscere che il regista americano ha ormai acquisito un'autorevolezza tale che gli permette di fare ciò che vuole senza che nessuno si permetta di criticarlo. Ma queste sono considerazioni tendenziose. Per restare all'opera presentata al festival di Venezia, la sensazione immediata è di sconcerto. Intanto per la scelta, pare irreversibile, di abbandonare la pellicola per un digitale "basso", che con sgranature e colori spenti dà costantemente l'idea di assistere al backstage del film piuttosto che al film stesso. Superato faticosamente l'empasse del mezzo, resta l'opera in sé: un labirintico viaggio di quasi tre ore che rifiuta ogni logica narrativa e pare procedere per associazione di idee. Ci sono temi che ricorrono, l'esistenza di dimensioni parallele, con porte spazio-temporali in grado di superare i confini della mente; c'è l'atmosfera onirica che permea l'intera opera; ci sono le suggestioni delle note fisse del fedele Angelo Badalamenti; c'è l'incontro tra il passato e il futuro, c'è addirittura una digressione polacca e c'è la protagonista Laura Dern che è una, nessuna e centomila e si aggira armata di buona volontà per i "possible worlds" ideati dal regista. Non necessario trovare una logica, pare, l'importante è lasciarsi andare al flusso, seguendo i disegni, e i fantasmi, del proprio inconscio. Qualche inquietudine arriva, nelle sequenze della sit-com degli umani con la testa da coniglio, con il sottofondo di risate che produce un efficace straniamento, oppure nelle deformazioni che alcuni dei personaggi subiscono quando si presentano con una bocca più grande del normale. Uno sguardo deformante sulla realtà, un viaggio senza meta scavando dietro alla rassicurazione delle apparenze, un incubo ad occhi aperti. Pur riconoscendo la capacità del regista americano di non omologarsi e di seguire il proprio imprescindibile sentire, bisogna però anche ammettere che INLAND EMPIRE ha più attinenza con la video-arte che con il cinema. Una dimostrazione delle molteplici possibilità del mezzo espressivo che rischia di stare stretta alla sala cinematografica. Anche perché è vero che viviamo nell'epoca in cui tutto pare avere la didascalia interpretativa per essere facilmente venduto alla più ampia fetta di pubblico, ma negare l'esistenza di un pubblico, pur nella forte personalità del risultato, è un peccato di ego, e non da poco.
Luca Baroncini
pubbl. 16-10-2006
PER CHI VOLESSE LEGGERE TUTTO:
http://www.spietati.it/archivio/recensioni/rece-2006-2007/i/INLAND_EMPIRE.htm
IL TRAILER ITALIANO:
BUONA VISIONE.
5 commenti:
Piruli', lo vado ad affittare...mi hai incuriosito. Poi ne parliamo
Ok! E' una dura prova....
Ho visto il Film ia Marzo in un cinema d'Essai a Roma, com Paola, e ne sono rimasto folgorato. Avevo pubblicato un Post qui subito dopo, poi l'ho tolto. Il titolo era .." Per un viaggio extrasensoriale ". Il primo film realizzato da Lynch interamente in digitale é una roba per pochi eletti. Notevole.
mmm strano da crederci, ma mi dicono che nei Paesi Bassi ancora non e' uscito (oppure non ha una distribuzione decente). Nei noleggi...niente
Perchè nei Paesi Bassi...non sei in Italia?
Lynch ha abbandonato la pellicola praticamente.
Non la utilizzerà più.
Comunque FOLGORATO è l'aggettivo adatto.
Durante il film, che stavo vedendo con Paola (la mia ragazza), non ho praticamente spiccicato una parola.
Lei dopo un po' e crollata, e mi sono ritrovato da solo ad assorbire tutto ciò che arrivava dallo schermo e dalle casse. La colonna sonora poi....che ve lo dico a a fare. Ma che brano è? Mo vedo....
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