martedì 10 luglio 2007

IL PIU' MOSTRO DI TUTTI.

CULTURE SHOW BASS SOLO



HELLO MEOW LIVE


(Translation by/ Tradotto da Antonio Buono)

Tom Jenkinson, disc-jokey di Sheffield ribattezzatosi Squarepusher, è probabilmente il più importante artista di drum’n’bass. La sua infatuazione per il jazz-rock gli ha consentito di comporre musica infinitamente più complessa e sofisticata di altri. Il suo intrepido montaggio di folli break-beats, elettronica animata e samples scomposti macchinano una vorticosa cacofonia à la Morton Subotnick.

Il formativo Feed Me Weird Things (Rephlex, 1996) aggiunge il suo basso jazz nella frenesia delle drum-machine in una maniera che nessuno aveva mai sperimentato prima. Rimasugli di melodia affiorano dall’arieggiata Squarepusher Theme, dall’intensa geometria spazio-temporale Theme From Enrnest Borgnine, dal gorgo psichedelico di Tundra e dal lattice ambient di Goodnight Jade. L’elemento melodico è particolarmente sinistro in Ufo's Over Leytonstone, dove gli scabri toni industriali delle macchine sono mitigati da frasi di organo maestose e melanconiche, quasi Bach-iane. In un certo senso, l’album già tradisce la vera missione di Squarepusher, trionfando principalmente nei numeri "jungle" minori. Le pure trance ritmiche (Swifty, North Circular) suonano un po’ come muzak priva di significato. L’unica che riesce davvero è Dimotane Co, grazie a pattern intricati, doppia accelerazione e percussioni tribali.

Il suo primo capolavoro è Hard Normal Daddy (Warp, 1997), album che si lascia alle spalle i facili e sterili esercizi coi campionamenti tipici del jungle, salpando in favore dello jazz fusion e dei sintetizzatori melodici.

La nascita del "drill and bass" deriva proprio dal connubio della sexy groove del funk e le architetture cerebrali del progressive-rock. Il manifesto del nuovo genere è il funk supersonico di Coopers World: mentre le tastiere tessono una fantasia di temi melodici e contrappunti, la chitarra e il basso la caricano pesantemente di passi sincopati.

In tracce come Rustic Raver, Fat Controller e Male Pill Part 13, la programmazione della drum-machine non è più il soggetto, ma l’oggetto della musica. La musica ruota tutta attorno al basso e alle tastiere elettroniche e nell’insieme compone quadri astratti, non maniacali esplosioni da dancefloor. Creatività e sense of humour permeano le piece (in particolare Chin Hipopy) fino a richiamare le provocazioni del futurismo e del dadaismo. Le jamming sono così fluide (in particolare E8 Boogie) che talvolta rievocano quelle di giganti del progressive rock come i Colosseum e i Phish.

L’atmosfera irreale, cosmica, quasi psichedelica del primo album sopravvive in Beep Street (resa più densa dal fantasioso effetto di "musique concrete" di una porta cigolante). Ad ogni modo, la musica ha rimpiazzato la sua attitudine criptica e lunatica con un flusso brillante e organico di note non lontano dalle partiture minimaliste di Terry Riley. La nuova sintesi splende in Papalon, un commovente madrigale jazz guidato da (l’equivalente del) fagotto e vibrafono, un’orgia cromatica degna del più astrale sound della ECM.

Il mini-album Big Loada (Warp, 1997) include solo un altro dei suoi classici, A Journey To Reedham.

Libero da sample e drum machine, su Music Is Rotted One Note (Nothing, 1998) Jenkinson palesa il suo amore per Miles Davis (lo scalpitante jazz-rock di Don’t Go Plastic, il battito al cuore Theme From Vertical Hold) e John Coltrane (le liquide strutture astratte di Dust Switch, il turbinio astrale di 137). Non così intricato come le fatiche precedenti, e certamente poco esuberante/cacofonico, questo è un album minore, un tributo nostalgico ad un’altra era. Le migliori idee (o almeno le più originali) vengono riversate in brevi piece, che Jenkinson non si pone di approfondire. Jackinson suona tutti gli strumenti da solo. In particolare, diverse tracce sono uno show di destrezza alle tastiere analogiche.

Il mini-album Budakhan Mindphone (Warp, 1999) ha una qualità quasi baracca, decadente, che inocula una profondità/austerità quasi zen in tracce multiformi come Iambic 5 Poetry (con corde fluttuanti che sembrano provenire direttamente da un adagio sinfonico) o nel tripudio percussivo di Gong Acid.

Ma il jazz resta l’ossessione. Jenkinson predispone un vivace drumming jazz nel lago di rumori di The Tide e contro il ripetitivo clangore metallico di Splask. Two Bass Hit (Dub) è un duetto nella tradizione degli improvvisatori creativi.

Squarepusher risulta noioso e prevedibile nei successivi EP: Maximum Priest (Warp, 1999), il cui unico fascino risiede nella melanconica piece ambient, Our Underwater Torch; e I Am Carnal (Lo, 1999), una collaborazione con Richard Thomas.

Selection Sixteen è un pretenzioso collage sonoro che omaggia quasi tutti i generi elettronici del pianeta. Peccato non ci sia nessun episodio che possa competere col meglio di ciascun genere.

Nell’era della truffa indie, qualcuno si spinge all’idea di confezionare un Ep di materiale inedito con un’inutile performance live e una cover dei Joy Division, e pubblicare il tutto come doppio-cd, Do You Know (Warp, 2002). Questa spregevole pratica di strappare al pubblico più soldi possibili sminuisce i meriti del nuovo materiale, che è un dignitoso corollario a Go Plastic. In realtà, due brani si distinguono dai corollari: Do You Know Squarepusher è una sorprendente vignetta nel regno del disco-pop; Mutilation Colony, di dieci minuti, è una rumorosa sinfonia che sposa il free-jazz a Morton Subotnick. Il resto non è così eccitante. Kill Robok e Anstromm-Feck 4 servono un tradizionale numero drill’n’bass.
Il confuso Ultravisitor (Warp, 2004) è un pretesto per Jenkinson di sfoggiare la programmazione acrobatica, la viscerale polifonia ritmica e la sottigliezza melodica che ha perfezionato nel corso degli anni. Sfortunatamente funziona solo in Ultravisitor. Il fattore jazz è piuttosto blando e triviale, incapace di elevare Circlewave e Don’t Go Plastic dalla loro aurea di mediocrità, proponendo una sola sorpresa: l’esteso assolo di basso in I Fulcrum (la controparte funk di C-Town Smash).

Come in altri album di questo tipo, la quantità di riempitivi che dovevano essere scartati anziché pubblicati è più opprimente della musica stessa. Riciclare vecchie idee è un buon metodo per allungare la durata dei Cd, ma non una buona strategia per portare avanti la propria credibilità e il proprio status artistico. Lungi dall’essere il lavoro criptico che Jenkinson aveva annunciato, questa è semplicemente una collezione indulgente di brani abbozzati che l’autore non ha avuto il tempo (o la volontà) di rifinire. La ridondanza non è genialità.Tom Jenkinson non è più, riuscito ad eguagliare l'intensità viscerale e la fluidità impeccabile di Hard Normal Daddy. Il nuovo album, Go Plastic (Warp, 2001), è il primo che possa realisticamente avvicinare quel capolavoro. Dimenticando le pose auto-indulgenti, Jenkinson torna alla sua visione multiforme del drum'n'bass. My Red Hot Car è il pezzo facile dell'album, ma anche il meno intrigante. Il resto brilla di una luce sinistra e surreale. Meno austero, meno auto-consapevole e meno ambizioso del capolavoro, nondimeno quest'album riesce a pervenire al medesimo genere di sintesi ritmica ed elettronica. Boneville Occident, Go! Spastic, The Exploding Psychology, I Wish You Could Talk,Greenways Trajectory, My Fucking Sound,e Plaistow Flex Out, rappresentano ciascuno un trattato su una nuova forma di musica.

8 commenti:

Urbano ha detto...

"IL PIU' MOSTRO DI TUTTI"

pirulo ha detto...

Ma chi? REAKTOR.

Urbano ha detto...

Casualmente ascoltavo "Dimotane Co" from "Feed Me Weird Things" ....

pirulo ha detto...

CASUALMENTE...

Francesco Panella ha detto...

Devo dire "impressionante". Ritiro il mio giudizio sull'artista, ascoltato comunque in performance di altro tipo, diciamo ecco più rumorose... preparami un dischetto quando hai tempo..

pirulo ha detto...

Va bene. Un cd mp3 coi pezzi migliori.

Francesco Panella ha detto...

Perfetto, grazie.

Urbano ha detto...

La mia playlist SQUAREPUSHER sul tuo mac..sarebbe perfetta ;) solo pezzoni FRA