Quello che segue è il mio articolo "Corrado, sei tutti noi", pubblicato dal Secolo d'Italia nell'edizione domenicale del 9 marzo 2008. Nel link di seguito - invece - si può leggere l'articolo con relativi commenti di Travaglio e Cornacchione al mio, pubblicato oggi sul Corriere della Sera (leggi qui).
Un saluto a tutti! Roberto
È tornato domenica scorsa, dopo una lunga assenza dal piccolo schermo. L’ha fatto a Parla con me, Rai Tre, ospite di Serena Dandini. Nei panni, o meglio nell’abito talare, di Padre Pizzarro, teologo sui generis dallo spiccato accento romanesco e dai modi sbrigativi e pratici di chi vuole capire senza girarci troppo intorno. Bentornato, allora. Perché, in una campagna elettorale giocata sul “casting” delle candidature, si sentiva la mancanza della satira. Non del partito unico della satira, unilateralmente schierato per combattere il male. Ma della satira che non guarda in faccia a nessuno e non si autocensura per appartenenza politica. Niente a che vedere con Fabio Fazio e neanche con la collega di sempre Serena Dandini, puntualizza Corrado Guzzanti: «Fanno talk show che inglobano qualche piccolo pezzetto di satira, ma la satira vera è un’altra cosa». Di quella «se ne è fatta poca, ha prevalso il modello del comico da consumo e due modelli di programmi: quelli di tipo cabarettistico e il “celentanismo”, fatti da showman con eccessi narcisistici».
Poco più che quarantenne, in quindici anni di carriera – dalle prime “comparsate” all’inizio dei Novanta a trasmissioni di successo come Avanzi, Tunnel, Maddecheaò, Pippo Chennedy Show e L’Ottavo Nano – Guzzanti ha dato vita a personaggi che sono entrati nell’immaginario collettivo. Giusto per citarne alcuni: dallo studente coatto Lorenzo al regista Rokko Smitherson, dal santone Quelo alla conturbante Vulvia. Per non parlare delle esilaranti imitazioni di personaggi reali, politici e non. Nel 2002 è stato anche autore e protagonista dello psicodramma televisivo Il Caso Scafroglia con Marco Mazzocca, recentemente uscito in due dvd con libro nella collana Senza filtro della Bur. E ora è pronto per il grande ritorno in tv. Sarà una delle guest star della seconda stagione di Boris, sarcastica sit com in onda prossimamente su Fox (Sky). Ma non esclude di tornare con un programma tutto suo. Gli spunti non mancano. «Dal punto di vista satirico è un bel momento, appaiono continuamente personaggi nuovi e non ci si limita più alla rissa tra Berlusconi e Prodi». Che poi tanto nuovo Ferrara non lo è, ma l’idea della lista per la moratoria sugli aborti è risultata sufficientemente «stravagante» per richiamare in servizio… Padre Pizzarro. Curioso ma scettico rispetto all’iniziativa del direttore del Foglio: «A Giulia’, ma che dobbiamo fa esattamente, spiegame, che vordì a moratoria sull’aborto? A moratoria sulla pena di morte vuol dire impedire di ammazza’ i condannati, a queste glie impediamo de abortì? No dice lui, “non potemo obbligà una a partorì per forza”. Allora a 194 la lasciamo così? No dice lui, “è omicidio”! E quinni che famo? A cambiamo sta legge. “Nun ho detto questo”. E che hai detto Giulià? “Vojo fa na battaglia culturale”. Ma allora va fa i girotondi daa vita che ce vai a fa in parlamento?» Domanda più che legittima. Infine il prelato suggerisce la mediazione: «Al massimo jo detto, tanto pe’ fallo contento, famo ‘na cosa più piccola, a ste ragazze che abortiscono levamoje i punti della patente».
«Ciò che fa ridere, in effetti, viene in qualche modo “esorcizzato”, decomposto e diluito in elementi comici e dunque innocui – aveva previsto Annalisa Terranova – ed è quindi logico aspettarsi che il pubblico di destra sarà più numeroso di quello di sinistra. Il primo ha infatti bisogno di sorridere dei suoi idoli di un tempo, il secondo ha più difficoltà a vedere il “nemico” in un’atmosfera circense. La sinistra, che ancora usa i toni del melodramma quando si parla di fascismo storico e di “fascismo di ritorno”, difficilmente si abitua a passare dall’operetta all’avanspettacolo. Un problema insuperabile per coloro che nell’era della fine delle ideologie si ostinano a tenere alti gli steccati “assoluti”, in pratica gli imperativi categorici che piacciono al camerata Barbagli. Per tutti gli altri saranno romanissime e italiche risate». “Apprezzamento” che, a parere di alcuni, avrebbe dovuto imbarazzare Guzzanti. «Tutt’altro, mi ha fatto molto piacere – ha risposto con il consueto anticonformismo – che il Secolo d’Italia abbia parlato bene del mio film. In fondo, negli ultimi anni ho attaccato il centrosinistra più del centrodestra. Un autore non deve mai porsi il problema di essere politically correct: è un falso problema». Come è un falso mito quello dell’elettorato di centro. «Ma chi sarà mai ‘sto elettorato di centro?». I politici più esilaranti? «Mastella – risponde Guzzanti – uno straordinario pezzo comico, quel suo “Mi dimetto per amore”. Ma anche Casini ultimamente ci dà tante soddisfazioni. E la Santanchè, che giudica il candidato premier dal profumo. E De Mita. Povero De Mita, quasi mi fa tenerezza! Ho detto quasi, eh? L’uomo lo conosciamo, i suoi capricci sono divertenti, soprattutto è fantastico sentirlo ancora parlare in modo cauto, barocco, democristiano».
E cosa dire dell’imitazione di Prodi? Da quando Veltroni lo ha spedito al confinio, sottraendolo alla curiosità di giornali e tv, prendersela con Prodi è sin troppo facile. Come sparare sulla Croce Rossa. Eppure negli ultimi mesi il fuoco amico dei comici di sinistra non l’ha risparmiato. Da Luciana Littizzetto, che l’ha sbertucciato davanti a un esterrefatto Fabio Fazio – «Ohè Romano! Metti il bollo, togli il bollo; metti una tassa, togli la tassa… Cosa abbiamo capito noi italiani della Finanziaria? Una beatissima mazza!» – al compagno Dario Vergassola – «Il cuneo fiscale ve lo mettete in c…» – per arrivare (persino!) a Antonio Cornacchione: «Per colpa di Prodi arriva un’ondata di freddo. Tutta l’Italia batte i denti tranne lui. Perché gira con un cappotto di pelo di pensionato». Guzzanti, a differenza loro, satireggia Prodi da tempi non sospetti, quando ancora tutti lo veneravano come lo statista che avrebbe salvato l’Italia. Pippo Chennedy Show. 1997. Serena Dandini intervista un Prodi (Guzzanti) comodamente seduto in poltrona, intento ad accarezzare una mortadellona, con tanto di tortellino-anello gigante al dito. Indisponente nel giustificare gli impegni assunti e non mantenuti: «Queste erano le promesse di un anno fa. Ora penserò ai miei elettori e mi preoccuperò di fare delle promesse nuove». E poi l’affondo. Ma D’Alema lo sapeva che era un semaforo? domanda la Dandini. «No, D’Alema era in difficoltà, guidava nella nebbia. Ecco una macchina da corsa, ci salgo sopra e vinco le elezioni. E’ salito sopra a un semaforo, è rimasto lì, non si è mosso di un metro. Pensava di controllarmi come un burattino e invece io ho il potere e lo esercito». Ieri, ad ascoltare Veltroni un milione di anni fa. Lui non c’era. E se c’era, dormiva. Il sonno dei giusti, naturalmente.
2 commenti:
Ciao Roby, ho letto il tuo articolo e quello del Corriere, mi sembrano entrambi corretti nella forma e nei contenuti . Guzzanti è un istrionico camaleonte di rara qualità, e le sue performance sono sempre di altissimo livello. E' giusto che la satira non sia di parte, e di materiale sui cui poter lavorare lui ne ha e ne avrà per dcenni ancora .. complimenti a te
Bell'analisi, complimenti. Condivido le considerazioni sulla satira di Guzzanti e le sue intuizioni geniali.
Il video e' esilerante
Posta un commento