mercoledì 10 ottobre 2007

Sì, Marx e Nietzsche possono darsi la mano...

Dal Secolo d'Italia di mercoledì 10 ottobre 2007
Rubrica settimanale "Appropriazioni (in)debite"

Sarà «ingrillato in chiave antipolitica» - come ha anticipato qualche giorno fa Dagospia, il sito di quel segugio postmoderno di Roberto D’Agostino, segnalando l’esistenza di un brano dal titolo decisamente polemico, Comunisti al sole – o continuerà sulla via del pop sentimentale degli ultimi anni? L’ormai imminente ritorno sulla scena discografica di Antonello Venditti è avvolto dal mistero, sapientemente alimentato da quel gran… sornione del cantautore romano.
Dopodomani, finalmente, potremo ascoltarlo, sapremo e riferiremo. Dalla pelle al cuore, il brano “civetta” che dà il titolo al nuovo atteso album di inediti – l’ultimo, Che fantastica storia è la vita, è di quattro anni fa – sarà in programmazione radiofonica, e disponibile in formato digitale su tutte le piattaforme web e mobile italiane, da venerdì 12 ottobre. Per il cd, ricco di nove nuovi pezzi, bisognerà aspettare poco più di un mese, il 16 novembre. Ed è già – neanche a dirlo – un successo annunciato.
Del resto, Diamanti, la mega-compilation di 46 brani in 3 cd uscita nel novembre 2006, ha già venduto oltre duecentocinquantamila copie e non vuol saperne di lasciare le prime posizioni della hit parade. L’uscita del nuovo disco, peraltro, coincide con un anniversario di quelli invidiabili: 35 anni dopo il primo Lp, Theorius Campus, registrato in coppia con Francesco De Gregori, l’amico di sempre, uno dei quattro «ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla», come canta nella bellissima Notte prima degli esami. Titolo che Fausto Brizzi gli ha soffiato per farne una commedia simpatica ma decisamente meno evocativa della canzone, chiamando Claudia – per giunta, scostumato! – la protagonista del film. Altrettanto aveva fatto Gabriele Muccino per la sua pellicola d’esordio, Ricordati di me (altro titolo vendittiano presente nell’album In questo mondo di ladri del ‘88). E cosa dire di Maurizio Costanzo che, per battezzare uno dei programmi-contenitore più trash nella storia della televisione, ha preso da anni a prestito Buona Domenica, altra splendida ballata del ’89 di Venditti? Alla fine il nostro è sbottato, scendendo sul piede di guerra e reclamando i diritti d’autore. «Mi sono stufato di vedere usati i titoli delle mie canzoni! E’ paradossale – ha osservato – che se ora volessi scrivere un libro intitolato Notte prima degli esami non potrei. Ricordati di me passi, ma neanche tanto, perché hanno costretto il cantautore Pacifico a scrivere una canzone con quel titolo». Sì, perché Antonello Venditti è un viscerale, di quelli che dicono quello che pensano. Diciamolo pure: non è un simpaticone, il che – in un’epoca in cui tutti hanno l’ambizione di piacere a tutti – è decisamente un merito. Dopo il debutto con De Gregori, la separazione. E, salvo momentanei riavvicinamenti, la distanza. Persino nei giudizi sul nascente partito democratico e sul comune amico Water Veltroni. Per De Gregori, che gli preferisce Rosy Bindi, «quel che dice Veltroni spesso è difficile da afferrare, da decifrare, dice tutto e il contrario di tutto. Mostra una grande ansia di piacere, di essere appetibile a destra e a manca». Per Venditti, al contrario, «è semplicemente educato, sa ascoltare e preferisce proporre che distruggere».
In una intervista al Corriere della Sera di questa estate, Venditti ha raccontato, a testimonianza di un’antica affinità elettiva, un piccolo retroscena: lui e Veltroni fantasticavano di dare vita al partito democratico già dal ’76. Location: il caffè da Vezio, il bar dietro le Botteghe Oscure, mai state così minacciose. Attori (non ancora protagonisti): Veltroni Walter, 21 anni, leader della Fgci romana; Venditti Antonello, 27, un disco in gestazione, Sotto il segno dei pesci. Ciak: Venditti chiede a Veltroni se non fosse quello «il momento per i riformisti di costruire un partito nuovo, aperto agli altri riformisti laici e cattolici, anche a costo di uscire dal partito». Veltroni – racconta sempre il cantautore romano – era un po’ «il nostro piccolo Budda. Quello che in futuro poteva trasformare il Pci a nostra somiglianza». Evidentemente, ritennero, non era il momento e l’impresa decisamente velleitaria. Veltroni il partito democratico non l’avrà fatto da solo – come gli aveva suggerito Venditti – ma in qualche modo, bello e confezionato, arriva il 14 prossimo venturo, magari proprio sulle note fresche di Venditti che, di politica, non s’è più interessato. Ed è stato un bene. Per la politica, ma soprattutto per lui. E – diciamocelo – per noi. Perché in questi trent’anni ci ha regalato canzoni bellissime. Perché nella colonna sonora della nostra vita – e non parlo solo di “noi” quarantenni – ha fatto e fa ancora la parte del leone. Conosciamo a memoria i testi, le mille storie di piccoli eroismi quotidiani, di esami e solitudini, di amicizia e amori disperati in anni – quali i ’70 – «in cui era difficile parlare d’amore. Per noi cantautori la parola d’ordine era impegno». Ed è come se avessimo conosciuto anche le tante figure femminili che affollano le sue canzoni. La Claudia plagiata da Muccino – come fargliene una colpa, è cresciuto anche lui con Venditti che gli suonava nella testa – la tossica Lilly con «quattro buchi nella pelle», Marta divisa «tra il salario e la pagella», la giovane Sara in dolce attesa da non entrare più nel banco di scuola, la volitiva Giulia, la timida Paola, «Valle Giulia ancora brilla la luna e Paola prende la mia mano caduta per sbaglio sui nostri vent’anni tesi come coltelli». E Cinzia, che «cantava le sue canzoni e si scriveva i testi sul diario per sentirli veri». E ancora Marina, ex sessantottina che «se n’è andata e oggi insegna in una scuola». Rispetto agli anni della contestazione, quando manifestò con gli studenti a Valle Giulia contro gli "sbirri", Venditti non si sente cambiato e rivendica la sua coerenza di cattolico "de sinistra": «Ho vissuto in maniera laica, anche se ho portato con me l’educazione cristiana datami da mia madre, cattolica praticante. La conferma viene anche dal mio linguaggio che non è tipico della cultura di sinistra». Del resto, con una madre professoressa, un padre ex combattente, liceo di destra per antonomasia - "la giovane destra cantava / eja, eja, alalà, fa la sua canzone Giulio Cesare - dove insegnava la madre.
Cosa rimane di quelle utopie, si chiede Venditti. «Solamente unità e amore per noi». Consapevolezza che affiora già nel ’78 in Sotto il segno dei pesci: «Ti ricordi quella strada, eravamo io e te, e la gente che correva e gridava insieme a noi, tutto quel che voglio pensavo, è solamente amore…». Salvo concludere, con un fondo di amarezza, in Noi nell’album Benvenuti in paradiso del ’91: «Noi sotto il segno dei pesci noi… noi che sognavamo a occhi aperti, adesso siamo i perdenti noi». Canzoni nelle quali può riconoscersi chiunque abbia partecipato a un corteo, a una manifestazione di qualsiasi segno, a prescindere dalle diverse scelte di campo. Per questo il cantautore romano piace da sempre anche a destra e, come nei live al Circo Massimo di Roma, riempie gli stadi unificandoci tutti nel nome dell’immaginario condiviso, quello dove – per intenderci – «Nietzsche e Marx si davano la mano».
Nel nuovo album c’è naturalmente l’amata Roma – «il set della mia anima» – con una canzone bella e struggente, Piove su Roma, «una suite sulla città e per la città», ma anche il tema della disillusione politica tornerà a trovare spazio. L’ammissione è arrivata, qualche giorno fa, proprio da Venditti. Uno dei temi trattati in questo cd «passionale, emozionante, tra laico e cristino», infatti, sarà quello del tradimento. «Si parla d’amore, di vita, di politica e dei tradimenti che attraversano la nostra esistenza» Il riferimento, esplicito, è ai campioni traditi dal successo, abbandonati da quel pubblico che prima ne fa delle icone e poi, quando la fortuna cambia direzione, abbandona al proprio destino. Venditti cita Marco Pantani e Luigi Tenco ma l’ispirazione principale rimane soprattutto il suicidio di Agostino Di Bartolomei – «un caro amico, pensavo a lui quando mi sono messo a comporre» – che si tolse la vita il 30 maggio del ’94, esattamente dieci anni dopo una delle pagine più tristi della storia calcistica giallorossa: la sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool. Ma tradimento è anche quello politico. «La gente vuole sentirsi seriamente rappresentata da persone che ci mettono passione. Ecco perché spesso ci troviamo a rispettare di più i nostri avversari. Se anche non ne condividiamo le idee si può apprezzare la serietà e la buona fede. D’altronde molti laziali da sempre mi sussurrano “peccato che sei romanista!”». Chi scrive, che romanista non è, conferma. Perché Venditti si fa amare, comunque.

Ne sa qualcosa Giampaolo Rossi, uno dei blogger di destra più seguiti, che nel suo cliccatissimo (e molto ben fatto) “Blog dell’Anarca”, (l'indirizzo web è il seguente: (http://www.blogdellanarca.blogspot.com/) ha recentemente dedicato un lungo e ironico post di odio-amore proprio ad Antonello Venditti che ha provocato decine e decine di commenti tra gli utenti della “rive droite” del web. Ad irritarlo – come dargli torto? – la già citata intervista. Premessa e sottolineatura necessaria: «L’Anarca ha amato molto Battisti e forse lo ama ancora: Roma Capoccia meriterebbe un posto d’onore tra le canzoni d’autore del secolo. Modena è un gioiello inestimabile per l’indimenticabile sax di Gato Barbieri. Insomma – osserva – dispiace che uno come Venditti venga ricordato solo come “er Mameli della Roma”, per quanto, quando la Sud intona imponente "Roma Roma Roma", pure ai tifosi del Liverpool scorre un brivido lungo la schiena». Rossi si dice disposto persino a sorvolare sul giudizio di Venditti su una «Roma mai stata così bella, negli stessi giorni in cui Giuseppe Tornatore è stato pestato da tre balordi mentre passeggiava sull’Aventino» ma rimprovera al cantautore di non aver dedicato neanche «una canzoncina, una strofa, almeno un ritornello» a quanto accaduto nel mondo dopo il ’76 – anno della famosa chiaccherata tra Venditti e Veltroni in cui pianificarono, sia pure a lunghissimo termine, la nascita del Pd – e quindi: Solidarnosc in Polonia, piazza Tien Ammen, il Muro di Berlino che crollò portando alla luce l’orrore del comunismo dell’Est... «Da un poeta cantautore “attento ai diritti civili e lontano da Mosca” ci saremmo aspetatti di più». Finendo con il domandarsi: «Ma se nessuno nel Pci era comunista, negli anni ’70 i comunisti dove stavano? Nella Dc?». Questione che nessuno ha interesse a sollevare, men che mai chi quell’appartenenza ha rinnegato, affrettandosi a seppellire l’album di famiglia sotto il tappetto, gettando l’acqua sporca con il bambinello. E c’è da credere che difficilmente Veltroni, nella sua playlist, citerà Dolce Enrico, dedicata da Venditti a Enrico Berlinguer. In tempi di saldi di fine stagione (ideologica) Berlinguer, evidentemente, seduce meno di Veronica Lario e Alba Parietti.

2 commenti:

PAOLA ha detto...

antonello venditti. potrei dire molto. mi piaceva poi mi ha un po' deluso. sono molto legata ai suoi pezzi di un tempo... dicono che sia una persona molto molto difficile

Francesco Panella ha detto...

Ciao Rob.. questo Post é molto bello. Ho finalmente avuto un pò di tempo per leggere anche gli altri, tutti molto ben scritti e di contenuti interessanti. Condenso qui i miei complimenti.. in attesa della " Notte prima di Antonello " ..