
Ebbene si'.. ho deciso. Oggi é una brutta giornata. Pessima. Allora per tirarmi su pubblico inaspettatamente qui l'incipit del mio primo romanzo, cominciato nel 2004. Naturalmente é autobiogrfico. Naturalmente pertanto, ci siete tutti, o quasi. Conto di terminarlo entro i primi mesi del nuovo anno. Spero sia di vostro gradimento. Buona lettura e buona giornata a tutti.
Il Catalogo degli Amici ovvero “ Della mia vita e storie altrui ... ”
“Si è saggi solo a condizione di vivere in un mondo pieno di pazzi” - A. Schopenauer
Capitolo 1
Marco mi aveva dato appuntamento al “Calipso” .
“Ci vediamo tra un’ora esatta, un solo minuto di ritardo e vado via”.
In quel breve lasso di tempo pensai bene che fosse opportuno chiarire con Chiara, anche se sapevo che, incazzata com’era, sarebbe stato più intelligente scurire con Scura o morire con Mora, comunque la chiamai e le chiesi di vederci a casa mia.
Preferisco sempre essere nel mio habitat naturale quando c’è qualcosa di serio di cui discutere, mi sento più sicuro, più forte.
Chiara si presentò da me vestita in jeans bianco e vistoso decolté ed io invece di accoglierla cordialmente e scusarmi con lei per la bravata notturna che il giorno prima mi ero prestato a compiere in balia di una sana alcolica incoscienza, con grande tempismo le rifilai un bacio, restando perplesso della sua passiva reazione, ed euforico per il mancato ceffone ricevuto, senza batter ciglio, convinto che il suo amore fosse più grande della mia goliardica scappatella, la abbracciai, facendole sentire tutto il mio pubico amore, e ricevendo in cambio una sana ginocchiata al basso ventre che trovai poco cordiale nella sua impassibile impassibilità.
“ Che cazzo ti dice la testa ? ” esclamò imbestialita ,“Ieri ti sei scopato quella troia e oggi mi tratti come se nulla fosse successo.
Con me hai chiuso, sono venuta per riprendere le mie cose, non fanno più parte della tua vita, ed anch’io ne sono fuori, pensavo mi amassi, invece sei come tutti gli altri”.
“Cazzo Chiara, chiariamo..ehm..volevo dire..ascoltami..ero ubriaco..sai che ti amo, non puoi lasciarmi, sei la mia vita… i miei fianchi, sei il mio futuro…”
“Il tuo futuro è senza di me, e non dire le tue solite cazzate, questa volta non mi fai ridere, chiama la tua amica e dille tutte le stronzate che vuoi, con me non attacca, questa volta.”
“Va bene, ho sbagliato, ma ho diritto almeno di dire la mia?”
“Puoi dire quello che vuoi, per me è finita, ecco, ho preso tutto, ti saluto Luca, se vuoi dire la tua scrivila e leggila da te, a me non interessa, addio.”
Mi sentii come una merda essiccata al sole, ma non avendo argomenti seri per confutare le sue parole, non proferii risposta, se non un misero “ Ciao”.Questa volta neanche il mio habitat aveva potuto salvarmi; i libri dappertutto, il sottofondo di Nick Drake, il profumo dell’incenso Chandan con cui avevo accuratamente cosparso la mia umile dimora, pervasa ora di una malinconica solitudine, mi ero persino rasato per rendere il mio viso pregno di quel candore solitamente oscurato da una tenue peluria, comunque ben tenuta, che si dice piaccia alle donne, nulla avevano potuto con Chiara, divenuta scura nel volto e nell’anima.
Il mio letto giaceva inerme tra le mura della camera e io mi ci avvicinai per fargli compagnia e, assorto da mille pensieri e fiaccato da quarantotto ore di veglia, mi assopii. Marco, puntuale come un orologio giapponese (quelli svizzeri ormai sono talmente sputtanati..) alle 17:02 lasciò il bar e, dopo avermi chiamato sul grammofonino, pensò bene di venire a casa mia e di rimanere incollato al citofono, fino a che , in preda ad allucinazioni audiovisive, mi destai e convenni che forse sarebbe stato opportuno aprirgli, anche perché, visto che gli dovevo dei soldi, sarebbe rimasto li due giorni.
“ Che cazzo ti è successo, sembri il figlio di Beppe Grillo!”
In effetti, non del tutto svincolato dalle comode braccia di Morfeo, non il brutto anatroccolo coetaneo e conterraneo, guardandomi allo specchio, collocato a fianco della porta d’ingresso, non mi riconobbi immediatamente, fin tanto che pensai ci fosse un estraneo in casa mia, uno con i capelli a paracadute e due ventiquattrore, in effetti tali erano, sotto gli occhi.
“ Entra che oggi è una giornataccia; questa mattina ho fatto tardi in ufficio, ho preso un multa per aver parcheggiato davanti un divieto, ti devo 500 che non ho perché ieri sera ho smarrito il portafoglio, inoltre Chiara mi ha lasciato e penso che sia una cosa seria, questa volta”.
“Che cazzo hai combinato ieri? ”
“ Sono stato a cena con Max e Ghigo, poi al “Ruvido” abbiamo beccato tre tipe, non mi ricordo neanche i nomi, una di loro aveva casa libera, sono uscito da li questa mattina, direttamente e senza passare dal Via, solo che al “Ruvido c’era la sorella di Chiara che ci ha seguiti quando siamo usciti, me lo ha detto Max, che l’ ha incontrata a pranzo da “Bunny”. “ Serata memorabile, comunque”.
“ Serata memorabile un cazzo, hai fatto più danni tu in una sera che i Sid Vicious nella sua carriera, ho bisogno di quei soldi, che vuoi fare?”.
Lo scorso mercoledì mi era costato un occhio e due occhiaie, le mie, visto che dovevo saldargli il conto del pokerino mensile a casa di Paolo, tappa regolare del periodo invernale.
“ Conservo sempre una carta qui in casa per qualsiasi urgenza, spero che il mio conto non sia agli sgoccioli, visto che siamo a fine mese e non ho avuto ancora l’accredito dello stipendio, ora la prendo e scendiamo, cosi ti levi dai coglioni ”.
“Dai andiamo, che ho bisogno di riposare” e scendemmo in cerca del primo Bancomat aperto.
“ Questi sono cinquecento, ci vediamo Mà, anzi, se puoi, cerchiamo di non vederci, ne sentirci, ho deciso di mollare per un po”.
“ Si, va bé, ci sentiamo stasera, tanto lo so che mi chiami appena ti svegli”.
Percorsi con le ultime energie rimaste le quattro rampe di scale che mi separavano dal materasso ortopedico unapiazzaemezzo in lana Merinos, regalatomi da mia madre, e, sfinito, mi ci fiondai sopra senza neanche spogliarmi, svenendo quasi prima di aver toccato il copriletto. Mi svegliai sei ore dopo in uno stato confusionale che non mi permise di capire che ora, giorno, mese ed anno fosse, almeno non prima dei venti minuti trascorsi fra la doccia fredda e mezza macchinetta di caffè versata in un bicchiere da 0.2.
Ancora semiincosciente, presi il telefono e composi il numero di Marco, ma prima di digitare l’ultima cifra interruppi la chiamata, pensando alle sue parole, e fui felice della mia coerenza, al punto che per festeggiare questa nuova presa di posizione mi recai in soggiorno, scelsi la selezione da ascoltare, Eno, Satie, Galliano, Incognito, Hendrix, mi distesi nudo sul divano e mi rollai una canna, mentre la città deserta mi osservava silenziosa. Guardai l’orologio Mont Blanc del mio soggiorno, segnava le 01:57, non esattamente l’orario giusto per svegliarsi, ma mi consolava il fatto che, essendo sabato, potesse essere un orario onesto per chiamare chiunque fra i miei amici, sapendo di poterli rintracciare in giro per qualche locale, o in qualche casa “a fare bolgia ”.
Non chiamai nessuno, spensi il telefono e cominciai scrivere.
Alle una e 58, di un giorno qualunque, da un foglio bianco presero vita delle lettere che divennero parole, che si trasformarono in un racconto, quello di un trentenne medio borghese, già stanco di lavorare, sognatore, romantico e disilluso.
La mia storia comincia il 9 Gennaio 1973, quando dal ventre di una giovane 23enne nacque un piccolo gioiello, dal peso di 4,650 Kg ,che , appena fuori dal suo comodo mondo ozioso, si fece largo, talmente largo che la povera mammina per 2 anni ne trascinò le conseguenze, sillabando a gran voce “Sono arrivato, ho una gran fame e debbo pisciare, ehi senti tu col camice bianco già mi stai sul cazzo e lei, bella signorina, vorrei fare pipi’! ”
La mia precoce evoluzione biologica mi permise di raggiungere le classiche mete infantili, ruttino, dentino, primi passi e primi approcci dialettici, bumba, binga, etc.. , in tempi record, tanto che già a quattro anni buttavo giù lettere e numeri con disinvoltura, cominciando a frequentare la scuola elementare a cinque ..